“Mi ritorni in mente” oggi è dedicato a Franco Rotella, indimenticato calciatore di Genoa, Spal, Triestina, Pisa e Atalanta.
Il primo incontro tra noi avvenne al Luigi Ferraris di Marassi. Era il 1978 (o giù di lì), in occasione del 1º Trofeo Abbo, quando in semifinale ci incontrammo. Eravamo dei bambini. Lui, Franco Rotella, giocava nell’Angelo Baiardo, io nell’Albaro: finì 0-0 e ai rigori passammo noi.
Rotella veniva schierato sempre sotto leva e si vedeva che era un giocatore che poco avesse a che fare con gli altri: più tecnico, colpi a sorpresa, scatti-stop-ripartenze brucianti… impossibile marcarlo. Infatti passò subito nel settore giovanile del Genoa. Con i rossoblù fece tutta la trafila fino alla prima squadra e giovanissimo debuttó in Serie A , il 12 febbraio 1984 a 17 anni e 88 giorni. Si gioca Genoa-Pisa, Mister Gigi Simoni lo chiama, lo fa scaldare e al 65º lo fa entrare al posto del Brasiliano Elói. La partita finirà 0-0.
Mentre Rotella entra nel mondo dei calciatori professionisti, io tiravo qualche scarpata sui campi dilettantistici genovesi.
Intorno agli anni 2000 ci si ritrova nuovamente. Questa volta negli studi televisivi di Telecittà, lui in veste di opinionista sportivo e io con la mia trasmissione.
Ci fu subito empatia tra noi e spesso si chiacchierava prima e dopo le puntate. Il ricordo più nitido che mi è rimasto di quel tempo è il seguente: durante un’accesa discussione con un giornalista dentro gli studi televisivi la situazione stava per trascendere, ma lui, che godeva della stima di entrambi, intervenne a riportare la calma tra di noi e con la sua solita flemma e quella bella voce calma e profonda riuscì a tranquillizzare gli animi di entrambi.
Non posso dire che fossimo amici, ma di sicuro c’era stima reciproca, o almeno, sicuramente da parte mia era così. La stima che nutrivo per lui non derivava dal ruolo che aveva ricoperto, ma per l’uomo sensibile che era.
Nell’intervista che riportiamo si comprende che, dal suo arrivo, i bambini della scuola calcio degli Emiliani fossero più che triplicati. Il presidente infatti afferma che da 20 si sia arrivati a 180.
Quando gli chiesi come fosse il suo ruolo da responsabile della scuola calcio rispose che la sua felicità era riuscire ad allenare i bambini più che organizzare la scuola calcio.
Il contatto con il campo e con i bambini allenati per lui era il massimo.
Riassaporava le situazioni che aveva vissuto in prima persona alla loro età e si riconosceva in ognuno di loro provando le stesse emozioni.
Sono certo che ad ogni ragazzino che ha allenato, Franco ha lasciato qualcosa di sé.
Così come sono sicuro che ha lasciato qualcosa di suo ad ogni persona che ha conosciuto, anche solo marginalmente.
Quello che ci ha insegnato ci permetterà di continuare a farlo rivivere dentro di noi: mettendo in pratica i suoi consigli, ricordandolo nei nostri aneddoti.
Il 20 aprile saranno 11 anni che ci ha lasciati, ma nonostante ciò la sua presenza l’avvertiamo ancora adesso come se fosse ieri.
Claudio Bianchi

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